Omicidio di Don Roberto, la civica Bregnano in Movimento: «Non basta dire: “Nessuno lo poteva prevedere”»
A due settimane dall'omicidio di Don Roberto Malgesini, sacerdote della comunità di Como, la lista civica che amministra Bregnano torna sull'accaduto con una lunga riflessione, ponendo alcuni interrogativi sulle responsabilità dell'amministrazione comasca
A due settimane dall’omicidio di Don Roberto Malgesini, sacerdote della comunità di Como, la lista civica Bregnano in Movimento, che amministra Bregnano, torna sull’accaduto con una lunga e ponderata riflessione a distanza di quindi giorni dall’accaduto, ponendo alcuni interrogativi sulle responsabilità dell’amministrazione della città di Como.
A distanza di oltre 2 settimane dalla tragica fine del “prete dei poveri” don Roberto Malgesini, passato il clamore delle prime pagine dei giornali e dei TG, passata la forte emozione, attutita la rabbia, l’incredulità, il dolore, forse si può essere più obiettivi e fare con calma qualche considerazione.
Ce ne fossero come lui, viene da dire subito: un prete come se ne vedono pochi in giro, un prete che seguiva alla lettera il Vangelo, prestando aiuto e cura ai più diseredati della sua città, i senzatetto, i cosiddetti barboni, i rifugiati, persone che vivono ai margini della società, ignorati ed evitati da tutti.
Lo faceva in silenzio, con umiltà e semplicità, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, senza curarsi delle critiche e a volte del contrasto aperto messo in campo dalle autorità locali nei suoi confronti e nei confronti di chi si comportava come lui.
Costante e coerente nella sua attività di testimonianza cristiana, era apprezzato ed amato da tutti coloro che ricevevano il suo aiuto, tanto che la sua uccisione (da parte di uno di loro) ha destato assoluta incredulità; era invece estraneo ai media, e nessuno, fuori Como, aveva mai sentito parlare di lui prima del suo feroce assassinio (forse anche perché le opere di bene non fanno notizia).
Solo da morto è salito alla ribalta della cronaca e quello che colpisce di più il lettore è l’assurdità della sua prematura scomparsa: “ma come? Proprio lui, la bontà personificata, un angelo in terra, il prete degli ultimi, il santo della porta accanto? E poi, ammazzato ferocemente proprio da chi stava aiutando?”.
Ma al di là della imperscrutabile fatalità del gesto improvviso di una persona notoriamente instabile, è doveroso riflettere sul contesto in cui è avvenuto e cioè sulla particolare situazione politica, economica e sociale di contorno alla vicenda.
Non basta dire: “nessuno lo poteva prevedere” e non ha neanche senso pensare che in fondo in fondo un po’ se l’era cercata, perché di fatto le sue azioni non riscuotevano altro che gratitudine e affetto da parte degli assistiti nonché stima e grande considerazione da parte di tutti, anche non credenti e non cristiani.
Nemmeno si provi a fare il giochino dell’equazione razzista: “ecco cosa si rimedia a fare del bene a quella gente ….” che tanto non ci crede più nessuno, manco chi lo ha inventato.
No, le considerazioni da fare sono altre: era una morte evitabile? Si poteva fare qualcosa affinché non ci fossero i presupposti che hanno portato a questo incredibile delitto? Ci sono responsabilità politiche?
La situazione al contorno in cui si è potuto verificare tale episodio sono:
• una situazione di disagio e degrado insostenibile per migranti, rifugiati e senza fissa dimora
• un atteggiamento di tipo persecutorio verso queste persone da parte delle autorità amministrative di Como (piuttosto che accogliente e sensibile verso le loro minime esigenze basilari)
• l’assoluta mancanza di controllo del quartiere di San Rocco da parte delle forze di Polizia
• una lentezza burocratica infinita delle procedure di accettazione migranti così come del respingimento per giusti motivi verso i paesi di origine
Alla luce di quanto sopra non è forse lecito domandarsi se ci sono delle responsabilità morali e politiche nella morte di don Roberto? Forse il fatto sarebbe avvenuto lo stesso, forse don Roberto era destinato a diventare martire della carità e della misericordia e questo nessuno lo può sapere.
Ma se l’amministrazione di Como avesse dimostrato un po’ di umanità verso queste persone, se si fosse interessata al problema cercando una soluzione ragionevole e di buon senso, con impegno e serietà, facendosi carico della situazione anziché lasciarla tutta sulle spalle delle associazioni di volontariato, se avesse almeno collaborato con esse anziché fare azioni di disturbo e contrasto, palesemente insensate, forse non si sarebbe creato nella fragile mente dell’omicida quel teorema assurdo che l’ha portato al folle gesto o forse più semplicemente non si sarebbero neanche realizzati i presupposti perché ci fosse l’occasione per farlo.
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