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“Qualcuno spieghi al sindaco di Saronno che gli assorbenti femminili sono un bene di prima necessità”

Il movimento politico Possibile entra nella singolare questione tutta saronnese relativa alla scelta dell'amministrazione comunale di non includere nei pacchi alimentari gli assorbenti femminili perché non considerati beni di primaria necessità, non tenendo conto però che le donne non scelgono di avere il ciclo, ma che si tratta di un evento naturale e fisiologico

Generico 2018

Irene Scavello, attivista del movimento politico Possibile, entra nella singolare questione tutta saronnese relativa alla decisione dell’amministrazione comunale di non includere gli assorbenti femminili all’interno dei pacchi alimentari che il Comune sta distribuendo in questi giorni alle famiglie in difficoltà a causa dell’emergenza provocata dal Coronavirus.

La singolare questione era stata sollevata dall’ex consigliere comunale Sara Battistini, che aveva evidenziato la mancanza degli assorbenti per le donne nei pacchi: «Si dà per scontata l’assenza di donne single o bisognose e comunque non è ritenuto un prodotto indispensabile. Ai tavoli di lavoro probabilmente c’erano seduti solo maschi», aveva scritto in un post su Facebook l’ex consigliere.

Di tutta risposta, Gianangelo Tosi, assessore agli Affari generale e ai Servizi Sociali del Comune di Saronno, aveva rivendicato la scelta di non includere gli assorbenti femminili in quanto non beni di primaria necessità e aveva giustificato la scelta dell’amministrazione evidenziando che gli assorbenti femminili non fanno parte dei beni soggetti ad IVA agevolata: «Ai generi alimentari di prima necessità sono state poi aggiunte pochissime altre risorse, traendole sempre dalla lista di quelle che per legge sono considerati beni di prima necessità, tanto da essere assoggettati all’IVA agevolata. Gli assorbenti femminili ad oggi non compaiono fra questi, come la stessa signora rileva», scriveva l’assessore Tosi.

«La spiegazione fornita dall’assessore non solo si basa su dati errati, ma sottolinea anche una chiara mancanza di onestà intellettuale – fa notare Irene Scavello, attivista di Possibile – L’IVA sui prodotti per la rasatura maschile è del 22%, come quella su tutti gli altri beni ordinari, compresi i prodotti igienico-sanitari femminili. Inoltre nell’ordinanza della Protezione Civile relativa alle risorse da destinare a misure urgenti di solidarietà alimentare, non viene in alcun modo menzionata l’IVA di un prodotto come discriminante per stabilire se un bene sia essenziale o meno. Questo criterio è stato scelto e applicato dall’amministrazione di Saronno».

«Decisioni come quelle dell’amministrazione di Saronno sottolineano quanto sia giusto continuare a portare avanti la battaglia contro la Tampon Tax, una questione economica, politica e culturale. Continuare a tassare i prodotti igienico-sanitari femminili come qualsiasi bene ordinario rende molto più difficile la loro reperibilità economica. Non tutte le donne hanno facile accesso agli articoli igienici e farmaceutici necessari per far fronte al ciclo mestruale. La mancanza di mezzi economici per poter garantire un’igiene adeguata durante il ciclo mestruale porta al fenomeno del Period Poverty, una vera e propria condizione di povertà, le cui conseguenze economiche e sociali per le donne e le bambine di tutto il mondo sono palpabili. Secondo l’UNICEF la carenza di informazioni comuni riguardo il ciclo mestruale porta ad atteggiamenti pregiudizievoli e discriminatori nei confronti delle donne in tutto il mondo. Inoltre favorire l’accesso a prodotti sanitari di qualità e a basso costo rientra nelle proposte che formano il quinto obiettivo di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: la parità di genere».

«La Tampon Tax è ricomparsa sulla scena dell’opinione pubblica lo scorso novembre, in seguito alla proposta di un emendamento al decreto Fiscale presentato da Laura Boldrini per ridurre l’IVA sui prodotti sanitari femminili al 10%. L’emendamento iniziale è stato bocciato dalla commissione Finanze della Camera perché considerato inammissibile. Il ministro dell’Economia Gualtieri e l’Intergruppo Donne hanno poi raggiunto un accordo che ha portato alla riduzione dell’IVA al 5% solo sulle coppette mestruali, sugli assorbenti lavabili e su quelli biodegradabili, più costosi e molto più difficili da reperire rispetto agli assorbenti normali. Già nel 2016 Possibile aveva depositato una Proposta di Legge per la riduzione dell’aliquota dell’imposta relativa ai prodotti di prima necessità destinati alle donne, in particolare assorbenti igienici, tamponi, coppe e spugne mestruali. La petizione lanciata nel 2018 da Associazione Onde Rosa affinché i prodotti igienico-sanitari femminili vengano tassati come beni di prima necessità, eliminando così la Tampon Tax, ha raccolto più di 250.000 firme. Recentemente Germania, Spagna, Belgio e Lussemburgo hanno abbassato l’imposta sui prodotti igienici femminili. Francia e Regno Unito hanno ridotto l’imposta tempo fa, mentre in Irlanda questa è addirittura inesistente. In Scozia, oltre al progetto pilota di rendere gratuiti i prodotti igienici femminili a tutte le famiglie con un basso reddito, è stato avviato un programma di distribuzione gratuita di assorbenti nelle scuole e nelle università. In questo momento di reale emergenza economica, il costo elevato dei prodotti igienici femminili può rivelarsi realmente proibitivo per alcune cittadine. È necessario continuare a lavorare insieme affinché gli stereotipi tossici associati alle donne vengano messi da parte per diffondere maggiore conoscenza e consapevolezza, per modificare lo stato delle cose a favore dell’uguaglianza».

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Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 20 Aprile 2020
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