Nelle case di malati per fermare il virus: l’esperienza di Luca, medico delle USCA
Luca Pellizzaro, 28 anni, è tra i primi medici ad aver presentato la candidatura per costituire le Unità speciali di assistenza domiciliare. Va in casa dei malati Covid per "evitare che la malattia peggiori"
Luca Pellizzaro è un giovane medico. 28 anni, sta seguendo il secondo anno del corso di specializzazione in medicina generale. Il suo obiettivo è di aprire un ambulatorio come medico di medicina generale il prossimo anno. L’emergenza sanitaria lo ha trovato a metà dei suoi studi professionali. Ma questa cosa non lo ha fermato, anzi.
DECRETO LEGGE CHE ISTITUISCE LE USCA
Insieme a 4 compagni di corso ha raccolto l’invito del Ministero della salute a presentarsi per dare una mano. Una mano.. ma dove?
« Tra le indicazioni del decreto legge si parlava delle “USCA” le unità speciali di continuità assistenziale – racconta il medico – una sorta di task force di supporto ai medici impegnati sul territorio, per andare a visitare i pazienti ammalati nelle loro case. Era evidente che il problema più delicato fosse proprio il territorio che si era trovato spiazzato dalla rapidità di diffusione del virus, oltre che dalla sua pericolosità».
ACCORDO CON ATS INSUBRIA
La fase iniziale dell’emergenza e le drammatiche notizie che arrivavano dalla Bergamasca hanno convinto i giovani medici a fare la loro parte: « In poco tempo siamo arrivati a essere una quarantina di dottori pronti a dare una mano sul territorio di Varese e Como».
Prima si sono ritrovati e hanno studiato i punti di forza e le possibili debolezze dell’incarico, poi si sono presentati ad Ats Insubria e insieme hanno definito dei protocolli di azione: « Abbiamo avanzato delle precise richieste per lavorare innanzitutto in sicurezza – spiega il dottor Pellizzaro – la fornitura di DPI e di strumentazioni. Abbiamo ottenuto quasi tutto, diciamo l’80% delle richieste. Ma avevamo domandato anche cose un po’ difficili da recuperare».
COME E QUANDO SI ATTIVANO LE USCA
Così, dopo un rodaggio complesso, anche sul territorio provinciale sono partite le USCA: prima a Saronno e a Busto Arsizio e poi a Varese e infine a Gallarate. « In queste due settimane di lavoro abbiamo visto circa una ventina di casi. Io, personalmente, nella zona di Gallarate ho visitato 5 pazienti covid».
È il medico di famiglia ad attivare le USCA quando si rende conto che la situazione non migliora: « Abbiamo individuato alcune priorità: i pazienti con sintomi lievi ma over 60 oppure pazienti più giovani anche con sintomi lievi che non migliorano dopo 4 giorni infine i dimessi dall’ospedale da tenere sotto controllo per evitare ricadute».
LA VISITA A DOMICILIO
Ogni volta che parte per una visita, il dottor Luca Pellizzari deve procedere con la vestizione, quindi prende gli strumenti che sono il saturimetro e il fonendoscopio: « Entriamo nelle case con il minor numero di oggetti possibile perché va tutto santificato una volta usciti. Di solito un termometro e uno strumento di misurazione della pressione si trovano nelle case. Noi abbiamo stabilito delle azioni precise ed efficaci per ottimizzare la visita nel tempo più breve: massimo 15 minuti. A quel punto, con tutti i parametri chiari, d’intesa con il medico curante decidiamo come procedere: se mantenere il paziente a domicilio prescrivendo la terapia o chiamare il 112. Fino a oggi abbiamo ricoverato un solo paziente».
IL MIO PRIMO PAZIENTE GRAVE
Oggi è chiaro a tutti che i pazienti curati adeguatamente in tempi stretti hanno buone possibilità di superare la malattia senza ricoveri : « La decisione di rendermi utile è legata proprio al primo caso che ho visitato mentre lavoravo come guardia medica a Somma Lombardo. Mi chiamano per sintomi persistenti e gravi. Decido di andare a visitare: grazie all’intuizione del sindaco di Casorate Sempione, la postazione di guardia medica di Somma è sempre stata dotata di DPI. Una volta arrivato, mi rendo conto che l’uomo che ho davanti, un signore di 51 anni sano, senza malattie pregresse, era in condizioni davvero difficili. Ho scelto di chiamare il 112 che lo ha portato in ospedale dove è stato intubato. Ancora oggi quel signore, padre di due figli adolescenti, è in terapia intensiva. Ho capito che non potevamo permetterci di lasciare da soli a casa questi ammalati, dovevamo intercettarli in anticipo. Quell’esperienza mi ha spinto a mettermi in gioco. Sono un medico, voglio lavorare sul territorio e questa era l’occasione per dimostrare che posso curare la gente».
FINO A QUANDO CI SARANNO LE USCA
Fino a quando andranno avanti queste unità speciali non è chiaro: « Il decreto parla del 31 luglio ma spero che si tratti di una data molto prudenziale. Certo è che non ci sbarazzeremo facilmente di questo Covid e dobbiamo essere pronti a gestire nuove emergenze e focolai improvvisi. Tempo che in autunno torneremo a sentir parlare di lui. Ecco perché è necessario attrezzarsi, prepararsi con protocolli e linee guida. Io e i miei colleghi ci siamo».
I MEDICI HANNO PAURA?
« Tanta. Questa emergenza ci sta insegnando il valore della concentrazione: se non pensi bene e stai attentissimo a tutto, rischi. E a pagare le spese, magari, potrebbero essere le persone che ti stanno accanto, i tuoi famigliari. Il rischio è alto, la paura c’è e per questo non possiamo permetterci la minima distrazione».
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