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Matteo Colombo, il runner saronnese in California: “Non andate a correre”

Cresciuto nel Saronnese, ora vive negli USA. Appassionato del podismo, punta alla prossima maratona di San Francisco, ma ora si ferma: "Per tre settimane non mi allenerò, non andate a correre"

Matteo Colombo, il runner saronnese della California

#iononvadoacorrere: è l’hastag lanciato sul proprio profilo Facebook da Matteo Colombo, runner saronnese da poco trasferitosi in California, dove ha ottenuto la terza posizione alla Stanford Dish Race.

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Cresciuto tra Saronno e Turate, Matteo ha cambiato vita a gennaio spostandosi negli Usa per seguire la moglie Maria Caterina, impegnata in un’esperienza di post dottorato alla Stanford University. Una scelta di vita nella quale Matteo non ha rinunciato alla sua grande passione per il podismo, che coltiva ormai da 11 anni: a fine febbraio ha infatti partecipato alla Stanford Dish Race, prima gara in California, piazzandosi in terza posizione e vincendo la medaglia di bronzo, ed è ora focalizzato sulla maratona di San Francisco che si terrà a luglio. Ma l’emergenza Coronavirus ha preso il sopravvento anche negli States, dove è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale, imponendo uno stop forzato anche al runner saronnese:

«Mi sono trasferito a gennaio in California con mia moglie Maria Caterina, che è stata assunta come ricercatrice postdoct alla Stanford University. Lei si occupa di sviluppare immunoterapie innovative nella ricerca oncoematologica pediatrica (CAR-T cells). Io attualmente frequento un corso d’inglese gratuito istituito dalla Stanford University per i famigliari dei ricercatori e durante il tempo che mi rimane, oltre ad occuparmi delle faccende domestiche, porto avanti la mia passione per la corsa, nata 11 anni fa in Italia. A fine febbraio ho partecipato alla Stanford Dish Race, prima gara in California, gara di 3,25 miglia all’interno dell’iconico Dish di Stanford, riserva naturale di proprietà di Stanford, dove ho tagliato il traguardo in terza posizione assoluta vincendo la medaglia di bronzo. Sono molto contento della mia prova e buona la prima. Dopo questo risultato fatto domanda per entrare in graduatoria élite alla maratona di San Francisco, che si terrà a luglio, quindi speriamo di ricevere quanto prima una mail di approvazione da parte degli organizzatori. Ovviamente il tutto è subordinato all’evolversi dell’emergenza sanitaria».

Il governo americano ha infatti disposto un’ordinanza di isolamento per sei contee della Bay Area, tra cui la contea di San Mateo, luogo di residenza di Matteo e Maria Caterina. Il decreto, come in Italia, permette lo svolgimento dell’attività fisica e motoria individuale, senza creare assembramenti, ma il runner ha preso la decisione di fermarsi per almeno tre settimane:

«Il numero dei contagi da Covid-19 sono aumentati di netto. E’ arrivata un’ordinanza di chiusura e isolamento per tre settimane, fino al 7 aprile, per San Francisco e per sei contee della Bay Area, compresa la contea di Santa Clara, dove c’è la Stanford University, e la contea di San Mateo, dove abbiamo l’abitazione. Mia moglie in riferimento all’ordinanza e alle disposizioni arrivate dai vertici del suo dipartimento, lo Stanford Cancer Institute, ha congelato gli esperimenti su cui stava lavorando in questi due mesi e mezzo, e svolgerà comunque lavoro da casa. Io invece per tre settimane non andrò a correre, sebbene il decreto non vieti le attività sportive all’aperto purché non ci siano affollamenti rischiosi, e studierò inglese da casa visto che le attività universitarie sono momentaneamente cancellate. Sperando che questa situazione cali nel tempo e che si possa ritornare alla normalità».

Una linea decisionale netta, quella presa da Matteo, che si traduce in un chiaro messaggio a tutti gli appassionati italiani del podismo. Andare a correre rappresenta comunque un’attività decisamente rischiosa, a fronte dell’alta infettività del virus, e un atto irresponsabile. Matteo mette in campo la sua esperienza e le conferme degli studi scientifici:

«Penso sia chiaro a tutti il fatto che la questione più critica riguarda la diffusione virale nei soggetti positivi ma asintomatici. E l’unico modo per evitare la trasmissione è uscire di casa il meno possibile. Sul fatto che ci sia un decreto che non lo vieti completamente, a mio parere non è del tutto frutto di buon senso e logica: potrebbe esserci un corridore che ha la malattia ma che non presenta sintomi, il quale potrebbe diffondere nell’aria o nell’ambiente che lo circonda particelle virali. Questo ovviamente è frutto di ciò che la scienza ci ha fornito sulla base degli studi svolti sull’epidemiologia del virus. Pare che questo virus abbia vitalità lunga, quindi se uno più corridori escono a correre all’aperto il rischio di ulteriore circolazione del virus è tanto più alta, quanto più alta è la frequenza e la mole di persone all’aria ambiente».

C’è anche un altro aspetto molto importante da tenere in considerazione per chi pratica sport e attività fisica di media/alta intensità.

«Nelle 3 ore successive alla pratica sportiva fino ad arrivare anche a 72 ore dopo l’aver svolto l’esercizio fisico, il nostro sistema immunitario risente di questo stimolo stressante, da attività fisica intensa, rendendosi per quel lasso di tempo vulnerabile e maggiormente interessato ad eventuali attacchi patogeni provenienti dall’ambiente circostante. Questo lasso di tempo è chiamato ‘Open Window’ e la sua vulnerabilità è soggettiva: può durare poco, come può durare svariate ore. Questo per dire che ‘la fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo’, si potrebbero verificare anche delle infezioni patogene importanti, di altro genere e di altra natura che richiedono l’intervento, nei casi più estremi, degli operatori medico-sanitari. Ovviamente con le problematiche già presenti, sarebbe da irresponsabili cadere o mettersi nelle condizioni di poter cadere in situazioni che potrebbero essere tranquillamente evitate. Quindi a maggior ragione lo stare in casa, e lo svolgere attività diverse da ciò che è la nostra routine quotidiana, è l’unica arma necessaria per contenere questo maledetto Coronavirus».

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Pubblicato il 19 Marzo 2020
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