Coronavirus, e chi aspetta un bambino?
Abbiamo chiesto a due medici dell’ASST Settelaghi e della clinica Mangiagalli di Milano quali sono le misure adottate dagli ospedali nei confronti delle visite di ginecologia e ostetricia e come le donne in gravidanza dovranno affrontare questo periodo
#stateacasa: l’hashtag che tutti ripetiamo in questo momento particolare a causa dell’allarme Coronavirus impone scelte di vita radicalmente diverse rispetto al passato, volte a preservare l’incolumità propria e di chi ci circonda. Siamo tutti chiamati ad atteggiamenti responsabili, ma le donne in gravidanza come possono affrontare questo periodo? Ci sono ulteriori misure da adottare per proteggere la salute del futuro nascituro? Quali modalità organizzative hanno adottato gli ospedali per garantire loro un adeguato supporto e al contempo rispettare i decreti governativi? Lo abbiamo chiesto a due medici esperti: il professor Fabio Ghezzi, direttore S.C. di ginecologia e ostetricia per l’ASST Settelaghi, e la dottoressa Laura Trespidi, dell’ambulatorio di patologia della gravidanza presso la clinica Mangiagalli di Milano.
– Professor Ghezzi, come si sono organizzati i reparti di ostetricia e ginecologia degli ospedali del territorio dinanzi all’allarme Coronavirus?
“In questo momento abbiamo deciso di sospendere le viste ginecologiche che non abbiano caratteri di urgenza o che non rientrino nell’ambito della diagnosi oncologica. Per quanto riguarda l’ostetricia, abbiamo invece ritenuto non fosse opportuno sospendere i controlli ambulatoriali per diversi motivi: in primis, come centro di riferimento, gestiamo molte gravidanze a rischio, che necessitano di controlli stretti e non differibili. Secondo, diversi accertamenti in ambito ostetrico devono necessariamente essere eseguiti ad epoche gestazionali specifiche, con poco margine di variazione (pensiamo ad esempio alle ecografie di screening o alla diagnosi prenatale invasiva o ai controlli delle gravidanze a termine). Quindi in questo momento stiamo garantendo i controlli alle donne in gravidanza, ma attuando alcune restrizioni, ad esempio gli accompagnatori non vengono ammessi”.
– Come cambia, dunque, la possibilità per i futuri papà di accompagnare le loro compagne o mogli durante questo percorso?
“L’accesso agli ambulatori è consentito alle sole pazienti, per evitare che vi sia un affollamento delle sale d’attesa e degli ambulatori. Siamo sicuri che i futuri papà comprendono le motivazioni di questa scelta, finalizzata alla per la sicurezza della futura mamma e del nascituro. Anche i corsi pre-parto sono stati sospesi per evitare situazioni di affollamento.
Al momento stiamo continuando a consentire l’accesso dei papà alle sale travaglio/parto, a meno che non abbiano sintomi da infezioni respiratorie e raccomandando di seguire scrupolosamente le norme igieniche consigliate a tutti per contrastare il contagio (in particolare l’igiene delle mani). Anche ai reparti di degenza in puerperio è consentito l’accesso ai soli papà. In questo momento anche le regole vigenti negli ospedali possono essere modificate di giorno in giorno per adattarsi alla situazione epidemiologica locale, pertanto non posso garantire che sarà necessario imporre limiti più restrittivi”.
– Le donne in gravidanza sono particolarmente a rischio per l’infezione da COVID-19?
“Le donne in gravidanza non sembrano essere più suscettibili alle conseguenze dell’infezione da COVID-19 rispetto alla popolazione generale, come ad esempio accade per il virus dell’influenza. Non esistono indicazioni specifiche da dare alle future mamme, se non quella di attenersi alle norme indicate dalle autorità per contrastare il contagio. Le gravide che hanno sintomi da infezioni respiratorie (febbre e tosse) devono fare attenzione alla comparsa di difficoltà respiratoria: il “fiato corto” può essere un sintomo comune nella donna in gravidanza, ma se improvvisamente la fatica a respirare peggiora, è c’è anche a riposo, occorre avvisare il proprio medico o rivolgersi ai numeri di emergenza.
– Professor Ghezzi, nell’eventualità che una donna in gravidanza dovesse contrarre il virus, quali potrebbero essere le conseguenze sul feto? Sono stati effettuati studi inerenti la reazione alla malattia del nascituro?
“I dati disponibili riguardano un numero molto limitato di donne che hanno partorito avendo l’infezione in atto. Da questi dati sembra che questo virus non sia in grado di attraversare la placenta. Quindi se la mamma è infetta non trasmette il virus al bambino, né durante la gravidanza né durante il parto. Il parto naturale non è controindicato nelle donne con infezione da coronavirus.
L’epidemia da Coronavirus (COVID-19) non va assolutamente sottovalutata ma siamo sicuri che, dati tutti gli sforzi messi in campo, le donne possono vivere serenamente la gravidanza anche in questa fase difficile per tutti noi. I punti nascita della ASST Sette Laghi hanno organizzato percorsi sicuri per le donne con sospetto di COVID-19 e per le donne che presentano effettivamente una positività al coronavirus. Abbiamo a disposizione camere e sale parto separate, protocolli ben codificati per l’assistenza alle gravide, sistemi di protezione per le future mamme, per il personale che assiste e per la altre mamme ricoverate”.
A Milano, presso la clinica Mangiagalli, sembra che le modalità organizzative siano le medesime: a parlarcene è la dottoressa Laura Trespidi, dell’ambulatorio di patologia della gravidanza dell’ospedale milanese.
– Dottoressa Trespidi, quali sono le misure adottate dalla clinica dinanzi a questa emergenza sanitaria?
“In Mangiagalli abbiamo interrotto le visite di ginecologia e mantenuto soltanto quelle di ostetricia, in modo da fornire adeguato supporto alle donne in gravidanza e rispettare le tempistiche previste per i controlli della gestazione. In ambulatorio – dove noi medici siamo tutti dotati di mascherine protettive e adeguati dispositivi di sicurezza – sono però ammesse soltanto le future mamme; ai papà e agli eventuali accompagnatori viene chiesto di allontanarsi, non occupando nemmeno i corridoi laterali: possono attendere che la visita sia ultimata all’esterno dell’ospedale. E’ una misura necessaria a salvaguardare la salute di tutti. In sala parto i papà sono ammessi, così come ai reparti di degenza, sempre rispettando tutte le norme previste; gli altri parenti devono invece rinunciare a visitare la mamma e il neonato: è un sacrificio per tutti, ce ne rendiamo conto, ma è importante rispettare le regole”.
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