“Paulo, uomo vero che non mollava mai. Persone così ti restano nel cuore”
Il varesino Martino Bianchi, ex team manager di Husqvarna e Honda, ricorda commosso il portoghese Gonçalves, morto durante una tappa del Rally Dakar con cui lavorò a lungo
«Sono giornate dure, queste, perché certi uomini ti restano nel cuore quando sono persone vere, corrette, leali. Paulo era fatto così, ci eravamo sentiti per Natale e ora che non c’è più mi commuovo ogni volta che lo penso». Paulo è Paulo Gonçalves, il 40enne pilota portoghese morto in un tragico incidente nel corso del Rally Dakar, il raid motoristico più famoso del mondo che da quest’anno si disputa in Arabia Saudita.
A tracciare il profilo dell’esperto e sfortunato centauro è un varesino, Martino Bianchi, team manager di lungo corso alla “Dakar” prima con l’Husqvarna e poi con il team ufficiale Honda, il celebre HRC. In entrambe le esperienze, Bianchi ha diretto in corsa Gonçalves ed è una delle persone che meglio lo ha conosciuto nel panorama del motociclismo. E che da domenica lo piange con maggiore dolore, da quando quella maledetta frase «Portuguese biker Paulo Gonçalves passed away» è apparsa sui social ufficiali della corsa.
Gonçalves e Bianchi con il trofeo del secondo classificato al Rally DakarGonçalves – lo diciamo per chi non è addentro alle cose di moto – non era certo un pilota di secondo piano: in carriera aveva ottenuto anche un secondo posto alla Dakar, nel 2015, ed era stato campione del mondo di fuoristrada (inteso sempre a due ruote) nel 2013. Insomma, un atleta di altissimo livello che, non per questo, aveva perso la sua umiltà e la sua umanità. «Anzitutto era uno che ci metteva l’anima – prosegue Bianchi, che oggi fa da talent scout di alcuni giovani piloti di cross – Era forte e molto veloce ma sapeva mettersi a disposizione della squadra e del “capitano” di turno, facendo da “portatore d’acqua” (quei piloti in gara con il ruolo che, nel ciclismo, è quello di gregario ndr)».
«Quando nel team arrivo Kevin Benavides (argentino, che ospitammo per un’intervista a VareseNews nel 2018), i due legarono subito: Paulo aveva intuito il grande potenziale di Kevin, divennero compagni di stanza, si motivavano a vicenda». Commuove il racconto, fatto dalla Gazzetta dello Sport in edicola quest’oggi, su Benavides che – visto l’incidente e riconosciuta una tuta del team Hero, ha pensato che la vittima dello schianto fosse Joaquim Rodrigues, compagno di squadra e cognato di Gonçalves. «Quando sono ripartito, per tutto il tempo pensavo a come dire a Paulo di Joaquim – ha confessato l’argentino a Paolo Ianeri, inviato della Gazzetta – Solo al rifornimento del Km 470 ho capito e mi sono sentito ancora più male per non essermi accorto che fosse lui».
Da destra: Bianchi, Gonçalves e Fischer a Monte Carlo, per la premiazione del portoghese vincitore del mondiale fuoristradaI ricordi e le parole di Bianchi, che quest’anno è rimasto a Varese avendo dismesso gli impegni dakariani, sgorgano e corrono agli inviti ricevuti in passato da Gonçalves. «Una volta all’anno mi ospitava a casa sua, in Portogallo, per una grande mangiata di pesce. Ora mi tocca pensare alla moglie e ai due figli per i quali era un padre meraviglioso. E poi penso anche alla situazione in cui si trova il mio collega Wolfgang Fischer, il mentore e lo scopritore di Paulo: erano stati come me a lungo e ora Fischer dirigeva il team Hero. Anche per lui, trovarsi in mezzo in una tragedia simile, è una cosa tremenda».
Gonçalves, d’altro canto, era ben conscio dei pericoli. «Parlava dei rischi che corrono i piloti, specie in gare del genere. Era anche uno che spesso finiva per terra, quindi conosceva bene l’argomento, ma noi lo chiamavamo “uomo di roccia” perché era un fascio di muscoli, resistente ai capitomboli. Era anche più basso degli altri colleghi ma anche per questo sapeva prendersi in giro: indossava una cuffia “da puffo” con la quale girava nel paddock. E in un ambiente come quello della “Dakar” che, forse anche comprensibilmente, rende le persone più dure e aguzze, Paulo rimaneva uno capace di scherzare e ironizzare».
«Con lui ho parlato un paio di volte, proprio grazie a Martino, di sicuro nel corso di un paio di edizioni di Eicma – racconta invece Alberto De Bernardi, curatore del blog Varese Motorland e responsabile (con altri) del progetto “Varese Terra di Moto”. «Il mio sguardo verso di lui è quello del tifoso, e posso garantire che Gonçalves era un pilota speciale. Anzitutto è stato uno dei pochi motociclisti, forse l’unico, ad aver partecipato alle tre “vite” della Dakar: Africa, Sudamerica e ora Arabia. Ha conquistato piazzamenti importanti, era veloce ma non per questo si dava arie o chiedeva per sé particolari attenzioni, come invece è accaduto per altri piloti che poi, alla fine, hanno avuto un palmares più spoglio del suo».
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