Tra politica e profezia
Riflessione di Augusto Airoldi, ex presidente del consiglio comunale di Saronno, a pochi giorni dall’incontro al palazzetto dello sport con Padre Alex Zanotelli, organizzato Quattro passi di pace
Riflessione di Augusto Airoldi, ex presidente del consiglio comunale di Saronno, a pochi giorni dall’incontro al palazzetto dello sport con Padre Alex Zanotelli, organizzato Quattro passi di pace
Padre Alex Zanotelli fa il pienone a Saronno: “Mai come oggi la ricchezza è mal distribuita”
L’interesse suscitato a Saronno l’8 gennaio scorso dalle parole appassionate di p. Alex Zanotelli, merita di non essere disperso.
Un interesse in qualche modo sorprendente considerata la radicalità dei richiami di p. Alex.
Uscito da quella serata, mi pongo una domanda: quale eredità ci lascia? Me lo domando da cittadino saronnese, membro di una comunità che tra pochi mesi sarà chiamata alle urne per eleggere il nuovo Sindaco e il nuovo Consiglio comunale.
Cosa può fare la politica saronnese se vuole non disperderne l’eredità? Come passare dai richiami alla radicalità di Zanotelli alla concretezza e al pragmatismo delle scelte cui è chiamato chi dovrà amministrare la città?
Nelle parole di Zanotelli è tornato più volte l’invito alla partecipazione, che lui ha definito “atti collettivi”.
Un richiamo che potrebbe apparire controcorrente al tempo della politica del “capitano”, ma che i 600-700 saronnesi che lo hanno ascoltato hanno mostrato di condividere. E che molti altri nella nostra città sicuramente condividono.
Alle soglie della campagna elettorale è un invito che mi sembra prezioso. Se Saronno vuole uscire dal vicolo cieco nel quale è stata infilata in questi anni non può che partire dal contributo dei suoi cittadini, ad iniziare dai molti che già sono impegnati nelle sue associazioni. Mi auguro che durante la prossima campagna elettorale non manchino momenti di ascolto e confronto tra candidati e cittadini.
Ha detto J. F. Kennedy: “Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”. Era il gennaio del 1961. A quasi sessant’anni di distanza è forse arrivato il momento di porsi nuovamente questa domanda, almeno in chiave cittadina.
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