Dopo i dazi Usa, la Brexit. Coldiretti preoccupata per il danno alle esportazioni
Il Regno Unito è il quarto partner commerciale per l'Italia in termini di export agroalimentare
È sempre più vicino l’addio della Gran Bretagna all’Unione Europea, con incognite di futuro che coinvolgono direttamente il tessuto rurale prealpino e che si aggiungono al già complesso scenario internazionale. Se da un lato ci si chiede quale sarà l’impatto sul turismo britannico che raggiunge i nostri territori (compresi gli agriturismi, sempre più apprezzati e visitati, negli ultimi anni, dai sudditi di Sua Maestà), dall’altro a spaventare è il rischio che i prodotti simbolo del made in Italy e dal Made in Varese oltremanica – rimarca la Coldiretti provinciale – possa essere colpito dalle barriere tariffare e dalle difficoltà di sdoganamento che potrebbero nascere da una Brexit con una maggiore difficoltà per le consegne.
“Il mercato britannico, ad esempio, rappresenta un mercato in crescita per i nostri vini, sempre più inseriti in un sistema che visto le produzioni italiane fatturare nel Regno Unito quasi 827 milioni di euro totali nel 2018, con preponderanza delle bollicine”. In pericolo – dice Coldiretti – ci sono complessivamente 3,4 miliardi di euro di esportazioni agroalimentare Made in Italy nel 2018 in Gran Bretagna che si classifica al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti. “Dopo il vino, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna c’è l’ortofrutta fresca e trasformata come i derivati del pomodoro con 234 milioni, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. Importante anche il flusso di Grana Padano (prodotto anche con il latte munto nelle stalle prealpine), che insieme al Parmigiano Reggiano registra un valore attorno ai 85 milioni di euro. Da sciogliere anche il nodo della tutela giuridica dei prodotti a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp) che incidono per circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare Made in Italy e che, senza protezione europea, rischiano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da Paesi extracomunitari. Un rischio concreto se si considerano le vertenze del passato nei confronti della Gran Bretagna con i casi della vendita di falso prosecco alla spina o in lattina fino ai kit per produrre in casa finti Barolo e Valpolicella o addirittura Parmigiano Reggiano”.
Il timore di Coldiretti è che si verifichi quanto già avvenuto per le esportazioni Made in Italy colpite dai dazi statunitensi, “che hanno colpito i formaggi italiani più famosi come i “nostri” Grana Padano e Gorgonzola, ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello”.
«Non è accettabile che sui dazi l’Europa dica ai singoli stati di avviare un dialogo con gli Usa. Gli Stati Uniti non si muovono come California ma come Stati Uniti» rimarca il vertice di Coldiretti Varese Fernando Fiori. «Come già rimarcato dal nostro presidente Ettore Prandini, da Paese fondatore l’Italia deve pretendere che sia l’Unione Europea l’interlocutore dell’America, muovendosi con una visione strategica collettiva, soprattutto dinanzi al rischio che le difficoltà interne che il presidente Donald Trump sta vivendo con l’impeachment lo portino ad attuare nuove politiche “di pancia” e che domani quei prodotti che erano estati esclusi dai dazi ne possano essere colpiti. Occorre dunque riprendere il dialogo per evitare uno scontro dagli scenari inediti e preoccupanti che rischia di determinare un pericoloso effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra Paesi alleati. È così sempre più urgente l’attivazione di aiuti compensativi ai settori più duramente colpiti e concedere sostegno agli agricoltori che rischiano gli effetti di una tempesta perfetta tra dazi Usa e pericolo di Brexit, dopo aver subito fino ad ora una perdita di un miliardo di euro negli ultimi cinque anni a causa dell’embargo totale della Russia».
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