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Alle imprese non servono gendarmi ma tutele

Un incontro dedicato al Modello 231, strumento fondamentale per le aziende. Con due history: Tigros e Mazzucchelli 1849

Calzificio Lualdi

“Alle imprese non serve un gendarme”. Così Alberto Bianchi, General Manager della  Mazzucchelli 1849 all’incontro organizzato dalla SPI Servizi & Promozioni Industriali, società di servizi dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, per aiutare le imprese a comprendere il valore del Modello 231/2001. Un concetto difficile sulla carta ma uno strumento fondamentale nella vita d’azienda come hanno raccontato i testimonial di due imprese del territorio diventate veri e propri casi di studio. In pratica il Modello di organizzazione, gestione e controllo normato dal decreto legislativo 231/01 è uno strumento del tutto made in Italy che per le imprese introduce una tutela, disciplinando in maniera organica processi interni e responsabilità.

“Quando abbiamo deciso di affrontare il tema del Modello con SPI, l’abbiamo fatto con la consapevolezza che di fronte a questo tipo di novità legislative ci si può approcciare in due modi: o quello negativo che si ferma alla critica di una giungla di adempimenti o quello positivo, che sceglie di cogliere le opportunità che lo strumento offre all’impresa. Abbiamo voluto scegliere il secondo”, spiega Elvio Mauri, amministratore delegato di SPI.

Di cosa si tratta in pratica? “In caso di commissione di uno dei reati previsti dalla normativa – spiega l’avvocato Luca Di Stefano –  l’azienda può essere chiamata a rispondere con sanzioni molto significative pecuniarie o interdittive. Le  aziende certo non sono obbligate ad adottare il Modello ma il legislatore punisce il mancato ricorso allo strumento preventivo. Meglio prevenire che curare dunque. Per tutelarsi, l’impresa può adottare un Modello basato su una serie di principi e procedure e può dotarsi di un Organismo di Vigilanza che curi il rispetto dello stesso”.

“Purtroppo, o per fortuna, la legge non dà indicazioni chiare su come realizzare il Modello” aggiunge l’avvocato Chiara Arienti “ma è chiara l’importanza di adottarlo. Ogni azienda è una realtà a sé e il modello deve essere su misura per essere funzionale: è importante conoscere la realtà aziendale ed evitare copia incolla da altri.”

“Un sistema necessario, ma non sufficiente” spiega Mario Bettinelli dell’Area Sicurezza e Ambiente di Spi. “Per alcuni reati, specifici, come gli ecoreati occorrono dei sistemi di gestione ad hoc.”

“La legge non obbliga all’adozione del Modello, ma è pur vedo che alcune realtà, come le Asl, oggi ATS, lo chiedono sistematicamente. Con un’immagine, si può dire che, sia che si tratti di una pioggerella o di un acquazzone, è sempre bene avere un ombrello”, aggiunge Gabriele Zeppa, responsabile dell’Area Sicurezza sul Lavoro dell’Unione Industriali.

“Infatti, superata la diffidenza iniziale verso lo strumento” sottolinea Arrigo Berenghi commercialista specializzato sul tema “in azienda si crea un certo coinvolgimento. In fondo, la 231 mira semplicemente a rendere trasparente un processo che già avviene e a fare in modo che la responsabilità collettiva diventi individuale”

Nella pratica in azienda come si attua? Con semplicità, stando ai casi Mazzucchelli 1849 e Tigros.

“Dobbiamo porci delle domande” sottolinea Bianchi, che ha portato l’esperienza della storica azienda di Castiglione Olona, leader mondiale nella produzione e distribuzione del materiale plastico usato per la produzione di occhiali. “Se venissimo indagati, saremmo in grado di sostenere che l’azienda ha fatto di tutto per evitarlo e, soprattutto, possiamo dimostrarlo? Se la risposta è sì vuol dire che abbiamo un buon sistema, altrimenti diamoci da fare”. “Mazzucchelli – racconta – si è mossa da tempo in questo senso: la scelta di adottare il Modello è partita dal CDA, poi è stato identificato un responsabile di progetto, con la convinzione che la responsabilità diffusa è fallimentare. E’ stato poi cercato un Organismo di Vigilanza esterno all’azienda con un punto di vista sopra le parti: il consiglio anche per le imprese piccole è di cercare l’aiuto di chi ha le competenze adeguate. Non ultimo è stato chiesto il coinvolgimento di tutti i livelli della struttura: il motto è costruire dal basso, guidare dall’alto. Alle imprese serve presenza, sistema e formazione non una nuova forma di controllo.”

“Per noi l’adozione del Modello ha dato come risultato una maggiore consapevolezza a partire dai manager” spiega invece Giovanni Slavazza H.R. di Tigros, che oggi conta oltre 60 punti vendita nelle province di Varese, Novara, VCO, Como e Milano. A fronte di una realtà aziendale così complessa, “abbiamo applicato in maniera semplice la normativa rifacendoci al contratto nazionale del lavoro senza aggiungere nulla” chiarisce Slavazza. “I vantaggi in termini di sicurezza, ma anche di immagine nei confronti del mondo esterno, sono notevoli, ma in pratica abbiamo semplicemente applicato e messo a sistema processi che c’erano già, anche attraverso aiuti esterni professionali, tra cui quello di SPI. Questo processo, che prevede anche  un Organismo di Vigilanza, converge nel progetto ‘Sicuri per mestiere’ messo in campo con Inail per migliorare i comportamenti in tema di sicurezza per i lavoratori e rinforzare la cultura della sicurezza: obiettivo zero infortuni. I metodo è stato quello di dare valore a processi positivi e non rimarcare i comportamenti negativi.”

Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 20 Maggio 2016
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