Al presidio Riva tra delusione e amarezza: “Non dormiamo la notte”
Dopo una settimana nel tendone permanente di protesta, si spera nel decreto dei Consiglio dei Ministri: “Assurdo bloccare la produzione dove c’è lavoro. Sistema che è un danno per tutta Italia”
Sono delusi, amareggiati, sconfortati. Ma sperano che qualcosa possa succedere, perchè non hanno colpa, se non quella di lavorare in una fabbrica che aveva ordini in crescita costante. Si tratta della Riva Acciaio di Caronno Pertusella, dove è in corso un presidio permanente dei 168 dipendenti che si sono visti chiudere l’azienda dalla magistratura lo scorso 13 settembre. Il tutto perchè legata alla stessa proprietà dell’Illva di Taranto, un sequestro preventivo che ha portato al blocco della produzione e all’impossibilità di pagare gli stipendi. Oggi, martedì, mentre due pullman con gli operai sono andati alla manifestazione di Verona che coinvolge anche gli altri 1.300 dipendenti del gruppo in tutta Italia, i restanti sono rimasti al presidio, tenuto aperto giorno e notte.
«Sono in tanti a portarci la loro solidarietà – racconta Fabrizio, magazziniere, da 33 anni alla Riva -. Panifici e piccoli negozi ci portano da mangiare e ci sostengono come possono, ma quanto possiamo andare avanti in queste condizioni?»
«Anche il consiglio dei ministri sta continuando a rinviare la decisione sul decreto che sbloccherebbe i beni e potrebbe riavviare il lavoro – prosegue Corrado, da 35 anni in azienda, addetto alla manutenzione elettrica -. Ci stanno prendendo in giro. Ho vissuto periodi di crisi, ma questo non è uno di quelli. È stata aperta la procedura di cassa integrazione, ma non è stata utilizzata. Avevamo ordini e c’era lavoro. Chiudere così la produzione fa scappare i clienti».
«Senza contare l’indotto sul territorio – aggiunge Fabio, da 23 anni alla Riva, preposto alla società Mezzana trasporti -. Camion, stampatori, smaltimento rottame, è tutto indotto della zona che è fermo. In altre aziende avviano in cassa integrazione a causa di questa situazione. È assurdo».
Sulla questione torna anche Fabrizio: «Ogni giorno che passa il morale sempre è più basso, c’è incertezza a pensare di trovare lavoro alla nostra età. Non dormiamo la notte e in famiglia la situazione è sempre più tesa. Vorremmo poter entrare nella testa di quei magistrati, capire come si fa a bloccare un’azienda che ha lavoro, in una situazione nazionale di crisi». «È come chiudere tutto il supermercato perchè il panetterie non fa più bene il pane – esplicita Luigi, da 33 anni nell’azienda di Caronno -. Sono due cose separate che fanno lavori diversi. Con questo modo di fare si danneggia tutta l’Italia».
Intorno al presidio ci sono un’altra ventina di persone. Nessun delegato sindacale perchè alla manifestazione di Verona. Tutti dipendenti che aspettano notizie da un possibile Consiglio dei Ministri. Poco prima di andare via, un’auto esce dai cancelli della ditta. È Walter, addetto al personale da 35 anni alla Riva: «Io non sono ancora fermo, ho del lavoro da sbrigare – racconta -. Ma sono fiducioso: il lavoro c’è è ance la professionalità. Hanno qualche ragione a demoralizzarsi ma credo fortemente si riesca a riprendere. C’è solo bisogno di un po’ di buon senso e per ora tanta pazienza».
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