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Omicidio di Saronno, l’assassino tradito dal cagnolino

La Procura e i Carabinieri hanno svelato i dettagli, sorprendenti, delle indagini che hanno portato all'arresto di Alex Maggio, l'uomo che ha ucciso Maria Angela Granomelli. Gli investigatori: "Era senza soldi, voleva rapinarla"

E’ stato un cagnolino dalle orecchie abnormi a mettere sulla giusta strada gli investigatori che hanno lavorato al caso dell’assassinio di Maria Angela Granomelli, la gioielliera di Saronno uccisa lo scorso 3 agosto nel suo negozio di corso Italia "Il dono di Tiffany". Si tratta del cane della compagna di Alex Maggio, il 32enne reo confesso dell’efferato delitto arrestato la sera del 28 agosto in un appartamento di Bollate. Non è secondario il ruolo avuto dall’animale, secondo quanto ricostruito oggi dal Maggiore Massimiliano Corsano che ha lavorato incessantemente al caso per 25 giorni, insieme agli uomini del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Varese, a quelli del Ros, ai militari del Ris e ai colleghi del comando di Saronno in collaborazione con la polizia giudiziaria della Procura della Repubblica e del sostituto procuratore Nadia Calcaterra. Gli uomini dell’Arma appostati nei giardini intorno alla casa della compagna di Alex Maggio stavano aspettando proprio che la sua padrona lo portasse a fare una passeggiata per avere la conferma dell’abitazione nella quale si nascondeva il killer. Ma partiamo dall’inizio.

La situazione che si è presentata davanti agli inquirenti il 3 agosto si è dimostrata subito alquanto complessa. Dal momento in cui l’assassino ha lasciato la gioielliera a terra, ancora rantolante, a quando sono intervenuti i carabinieri erano passate ben tre ore.  Gli inquirenti, infatti, avevano nelle mani il video registrato dall’unica telecamera di sorveglianza all’interno del locale che ha permesso di avere, più che un volto da cercare, una fisionomia da scoprire. La scarsa qualità delle immagini estrapolate, infatti, rendeva il volto dell’assassino difficilmente riconoscibile.

Il repertamento effettuato nella gioielleria ha fornito le impronte dell’assassino e anche dei reperti organici dai quali estrapolare il dna ma la successiva verifica nelle banche dati nazionali non ha permesso di risalire all’identità dell’uomo ricercato. L’approfondita analisi del video, però, ha permesso di vedere il Maggio utilizzare in tre circostanze il telefono cellulare. Per verificare l’utenza cellulare sono state dedicate risorse specifiche attraverso l’ausilio del Ros di Roma lavorando su due ipotesi: una prevedeva che le chiamate fossero vere e l’altra che fossero simulate.  Gli inquirenti hanno analizzato le 110 mila utenze telefoniche che hanno agganciato la cella telefonica sopra la gioielleria per arrivare a quelle che rispondessero a determinati parametri di ricerca, dopo giorni di ricerche sono state ritenute interessanti circa 200 di queste per poi scendere a 40 ma questo lavoro non è risultato sufficiente fino a quando, grazie alle immagini diffuse sia al pubblico che alle caserme, non si è risaliti alla denuncia del proprietario di un autonoleggio nei confronti di Alex Maggio, il quale aveva preso a noleggio un auto ma non l’aveva riconsegnata nei termini stabiliti.

Tra le 40 telefonate ve n’era una di 7 secondi che partiva da un’utenza intestata ad una giovane, indirizzata proprio all’autonoleggio in questione. Il fatto che quell’utenza non aveva mai agganciato quella cella ha insospettito gli inquirenti i quali hanno cercato Alex Maggio su Facebook, hanno trovato l’immagine di lui con una donna, sono risaliti al profilo di lei e hanno notato la foto in compagnia del cane dalle orecchie molto grandi. Inoltre l’utenza telefonica, prima di sparire dall’etere, aveva agganciato la cella di Bollate. A quel punto sono iniziati gli appostamenti nei giardini pubblici di Bollate, attorno alla zona che corrispondeva alla cella telefonica, quando è scesa a portare a spasso il cane, l’hanno seguita fino al suo rientro a casa e lì hanno trovato Alex Maggio.

L’auto presa a noleggio era ancora nel garage, Maggio è stato portato in caserma dove è stato interrogato, dopo qualche domanda la confessione: "Sono stato io ad uccidere la gioielliera". Infine gli inquirenti hanno rivelato qualche particolare che inchioda ulteriormente il Maggio alle sue responsabilità: il 32enne, infatti, mentre gironzolava all’interno del negozio ha finto di telefonare e parlare al telefono più volte, almeno tre, come se stesse temporeggiando per trovare il coraggio di mettere in atto la rapina. Inoltre il bottino asportato dalla gioielleria non sarebbe stato di così poco conto: Maggio ha venduto a diversi compro oro i monili recuperando qualcosa come 2800 euro, utilizzati per pagare l’auto a noleggio e il resto del viaggio in Puglia. E’ notorio, infine, che il 32enne era disoccupato da tempo e non aveva soldi.

Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 02 Settembre 2013
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